L'essenza della privazione

Questa mattina abbiamo fatto castrare i nostri due gatti.
Un maschio ed una femmina.
Era scritto nel contratto di adozione, ma noi lo abbiamo fatto come se fosse stata una nostra scelta consapevole, una scelta che avevamo preso noi.
Noi in realtà non ne sappiamo niente, di cosa sia giusto per loro o meno.
Ma l'abbiamo fatto perchè stava nel protocollo e perchè non avremmo potuto vivere con ululati, calori e infinite varietà di colonie da provare a dare in adozione per il resto dei loro giorni.
Quando i gatti sono usciti dalla gabbietta avevano un'aria stralunata, per via degli antibiotici immagino.
Ogni tanto gli cedevano le zampe.
Ma questa sera è successo qualcosa di inusitato, almeno per me.
Il maschio si è accucciato sopra la femmina, mordendole o strofinandogli il collo, come non aveva mai fatto.
Lo ha fatto una volta e lo abbiamo staccato, perchè poteva fare male alla femmina, che ha un taglio laterale molto esposto e la pelle viva, scoperta dalla protezione del pelo, che è stato evidentemente tagliato per effettuare al meglio l'intervento.
Ma poi è tornato a farlo altre due o tre volte.
L'ho osservato bene.
Aveva una posa precisa, dalla quale non voleva muoversi, ma non pareva nemmeno una posa felina.
Pareva una posa... umana.
vagamente sessuale e umana.
Appoggiava tutto il suo peso sulla femmina e chiudeva gli occhi, restando fermo, come immagino, i gatti non fanno quando si trombano una gatta.
Fermo, immobile.
È solo un cucciolo di 6 mesi, ma la sua era la posizione di un uomo di 60 anni, sconfitto per sempre dalla vita, attaccato ad una parte di sè ormai irrimediabilmente persa, ma di cui percepiva l'essenza della privazione, prima ancora di averla mai realmente vissuta.
Ed io a quel punto, ho percepito il dramma con la D maiuscola.
Qualcosa dentro di me, ha compreso l'enormità di quanto era accaduto; di un gesto che per noi è quasi superficialità, quando non leggerezza e che lì per lì ha distrutto la vita ad un altro essere vivente.
Ho visto drammi più profondi e baratri spaventosi cui non si può dare un nome.
Il significato stesso della parola violenza.
Una violenza alla vita distonica con tutto.
Una bestemmia.
E mi vergogno.
Di me e di quello che la mia specie è stata ed è in grado di fare da sempre.

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