Spazi. Tempo.




Tolgo il moccio dal naso e dalle orecchie di Marcello.
Prima di avere un figlio, mai avrei potuto immaginare la quantitá di muco in grado di essere prodotta dalle orecchie di un bambino.
Per terra, in salone, un numero elevato di vagoni ingombra quello spazio che ci sforziamo di mantenere inutilmente vergine.
Ad alcune migliaia di km da qui, in un letto d’ospedale, si veglia, ci si strugge, si aspetta.
La distanza diventa misura di misura, quando la prossimitá accoglie solo caos e catastrofe.
A distanze siderali l’uomo impara a morire e risettarsi l’anima.
Un padre avverte la perdita della dilatazione e impara l’urgenza provvisoria del continuo interrompere, un altro padre prova a fare i conti con lo spazio che lo separa da un’esperienza differente e antipodica.
I figli chiedono e fanno, sicuri della misura di spazio e tempo

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