Le favole e i figli degli altri


Non avrei voluto.
Ancora.
Speravo che si spegnesse da solo questo fuoco devastante, retaggio di un bambinello bastardo, quello del 2008; ma non ci riesco.
Non riesco a fermare questo fiume in piena, riattizzato da un articolo bellissimo e illuminante di Adriano Sofri postato da mia sorella (http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/esteri/medio-oriente-46/commento-sofri/commento-sofri.html)
Forse posso sperare, scrivendo, di trovare pace temporanea, o sfogo intermittente, ad un male dell’anima lancinante, che – non è un modo di dire – non mi fa chiudere occhio la notte.
Ma non posso assicurarlo.
Salani, me lo aveva detto, ma ci potevo arrivare poi tranquillamente da solo: quando sei padre, il dolore inferto ad ogni bambino sulla faccia della terra ti si conficca nella carne, come se quel bambino ti appartenesse!
I bambini si assomigliano tutti.
Sono tutti tuo figlio!
Come fai a non vedere tuo figlio in quella foto?
Polemizzando l’altro giorno inutilmente, con un amico di gpz, mi rendevo conto di quale altro miracolo induce in ogni padre la riscoperta del mondo infantile.
Sei di nuovo un uomo.
Un uomo che misura il valore della vita e della morte (come solo i bambini stessi sono in grado di fare), con un peso ben piú elevato, di qualsiasi altro essere impegnato a giocare al monopoli del mondo, con dadi, giornali, vocabolario e carrarmatini.
Sei una bilancia di quelle d’altri tempi, pesante e incredibilmente precisa.
Qualsiasi discorso geopolitico ti pare così alieno, ridicolo, quando sai che è inferto sulla pelle anche di un solo bambino.
Via via che la mia vita va avanti, il significato, il peso, di ogni singola persona accanto a me, acquista valore, specificitá, densitá, consistenza, metafisica.
Nel coccolare, soppesare, indirizzare, rispettare i processi cognitivi e la sensibilitá di quella pagina bianca (che bianca non è) di mio figlio, mi approprio di un sentimento religioso del tutto terreno, che è la vera ricchezza interiore di questo momento.
Quella parola che da piccolo non capivo, nell’insegnamento cristiano perduto: la parola “il prossimo tuo”.
Ogni bomba contro una scuola o una casa, ha lo stesso effetto di un ordigno nucleare lanciato contro un acaro.
Non ho una lobby da aizzare, un sentimento anti-qualcosa da manifestare, un Dio da pregare, un pianto da sfogare, un urlo da vendicare, una vita da sacrificare, una ragione da giustificare, un pensiero leggero con cui dimenticare, un altro dolore per anestetizzare, un cinismo di storia per soffrire di meno.
Che posso fare io?
Se non morire 10/100/1000 volte dentro, che un bambino viene spazzato via da Gaza!
Cosa fare io, se non spiegare un giorno ai miei figli l’inutilitá di tutte le favole del mondo, perchè, come scrivevo poco sotto, Cappuccetto Rosso è capace di bombardare branchi di centinaia di cuccioli di lupo e Cenerentola di sgozzare la progenie delle proprie sorrellastre per tutte le generazioni a venire “ab eterno”.
Quando finirá?
Mai!
Come puó proprio il popolo che ha sofferto la peggiore crudeltá della storia dell’uomo, macchiarsi degli stessi omicidi dei propri carnefici a soli 40/50/60 anni di distanza da allora?
Che differenza c’è tra un bambino perduto in una camera a gas ed uno sommerso da un bombardamento a Gaza o sparato a Sabra e Shatila?
E poi, come possono le persone che vedo attorno, seguire a fare la propria vita e magari odiare, scandalizzarsi, indignarsi, mobilitarsi, se qualcuno dei fratelli di quei bambini di Gaza, si fa saltare in aria nella stazione sotto casa, e finire per spiegare ai propri di figli che quello lì che è esploso era l’uomo nero, il lupo cattivo?

C’è nel disastro di Gaza (lo vedo io per lo meno) qualcosa di incredibilmente spaventoso che assomiglia ad una condanna perenne per l’umanitá intera.
Una incapacitá definitiva a leggere gli occhi dell’altro.
A farsi domande, a immedesimarsi un minimo in chi sta per morire.
Il Cristianesimo forse sará vivo e vegeto, ma fossi io Cristo, mi sentirei l’ultimo dei falliti!
Quel “prossimo tuo” lì, non ha capito tuttora nessuno chi minchia sia...

Ma intanto Luca stamane si sente in Coma, Antonio ha pubblicato il link “nanidagiardino.com ”, Manuela si è fatta fanatica di picachu, Stella si è iscritta al club “quelli che vedevano Hazard”, Guido mi suggerisce di fare il test per scoprire “tu che parte del corpo sei?” e Daniela mi spiega quanto sono stronzo da uno a dieci.

Commenti

dariedda ha detto…
quanto ma quanto hai ragione.
e da quando c'è andrea lo capisco ancora di più. ogni mattina che paro il giornale e leggo di gaza e di quello che succede mi bagno gli occhi. ogni bambino diventa un pò tuo figlio e la storia, tra le tante, della piccola morta d'infarto per paura delle bombe mi ha straziata.
che tristezza grande.
topolinda ha detto…
Oggi avevo scritto un post, uno personale. Sono entrata nel nostro spazio e ti ho letto. Tu che non mi dici mai quando scrivi, che ami condividere il silenzio piuttosto che le urla delle letture.
Non riesco a postare il mio sfogo.
All'improvviso hai riempito il vuoto che provavo quando l'ho scritto, e contemporaneamente mi ha svuotato di ogni forza, certezza, speranza che ormai non ha senso più provare.
Io sono madre, e come te quelli sono figli miei.
Non si aggiunge parola, non potrei più e meglio di come l'hai fatto tu. Non riesco più a guardare, cerco egoisticamente di preservarmi, di preservare il mio umore per i miei figli che vivono con me.
Tolgo l'audio, faccio altro. Ho paura di vedere. Ho paura di stare male.
C'è il senso comune dell'impotenza che sta regnando sovrano. Il "prossimo tuo" si ammazza. E ti chiedi come può un popolo che ha provato sulla propria pelle la tragedia dell'olocausto arrivare a macchiarsi di omicidi così spietati? Il "prossimo tuo" si ammazza, da che mondo è mondo. Il senso della comunione, anche degli spazi di convivenza è una bellissima utopia.
Non appartiene al genere umano.E purtroppo non vi apparterrà mai.
Lo he entendido, tienes razón. Finalmente, los argumentos en contra la barbarie y en favor de un mundo más humano (en ese sentido utópico en el que nos gusta recrearnos) no es tan lejano, en italiano o en español.

Recuerdo, de cuando estudié la Diplomatura por la Cultura de Paz, un libro muy interesante sobre cómo educar en la no violencia, en valores de cultura de paz, de cura, de atención a los demás, de empatía. Y aunque es algo antiguo ya, lo cierto es que no deja de ser un gran libro, porque desafortunadamente, casi todo sigue igual.

Myedzian, Myriam. Chicos son, hombres serán. Editorial Horas y Horas, Madrid, 1996.

Espero que, si lo lees, te guste.
Un beso, con paz,
punturo ha detto…
Gracias Celia.
Lo buscaré por Madrid!
Desgraciadamente "el hombre" sigue siendo el mismo cabron.
Y esto me da una pena y una frustracion que no se como explicar.

Un abrazo.
Contactame si pasas por esta ciudad conservadora :)

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