..
Lo apro spesso.
Mi metto seduto e prima di vedere la posta o che so io il sito della gazzeta, lo apro e lo tengo la.
Lo metto in icona, magari faccio altro ma so che sta lì.
A volte lo leggo.
Spesso lo leggo in maniera confusa: a volte solo una parte, a volte in maniera disordinata (prima la fine, poi l’inizio, poi la metá...).
Perchè?
Potrei parlare delle vacanze che si avvicinano, del senso di liberazione che mi danno i miei primi bagni nella piscina condominiale del nuovo appartamento, delle soddisfazioni che mi dá Marcello sempre piú dolce, sempre piú felice, sempre piú legato al papá; perchè invece parlo di uno dei racconti piú strazianti che abbia mai avuto modo di leggere?
Cos’è morbositá? Che strano principio psicologico sta alla base di questo fortissimo legame con questo racconto?
Sto scrivendo per capire.
Del mio secondogenito conosco solo il battito?
Solo???
E’ incredibile ricordare la impressione che possa fare ascoltare il battito cardiaco di un uomo/donna di due millimetri.
Si, si certo... poi c’è il parcheggio da pagare, la benzina da fare, tu prepari la cena, io cambio il bambino... ma quel battito resta lì, nel retrocranio della tua testa, senza che tu possa dedicare tempo e qualitá per coccolarlo.
Coccolarne l’idea.
Affrontare e stringere tra le mani il ricordo (come sabbia) che nelle interiora di tua moglie sta accoccolato qualcuno.
Si, ma perchè allora apro e tengo conservato con me, gelosamente, il racconto che questa nostra amica ha voluto rendere pubblico? Perchè non buttarsi nella felicitá delle pianificazioni, nella gioia dei primi sguardi, nel rapimento dell’immaginario primo cenno complice tra lui/lei ed il fratello e invece sprofondare, leggere, rileggere e leggere ancora la storia di una tragedia?
Io vorrei ringraziare C. che non leggerá mai queste due righe (ma lo faccio dentro di me come facevo quando da piccolo pregavo di nascosto, interiorizzando nel profondo il valore della parola riconoscenza) perchè nel vomitare fuori la sua disperazione tutta intera, ha spazzato via in un colpo solo una parte della sua vita e tutte le milioni di superficiali frasi di circostanza che un momento come il mio portano con se (vorresti maschio o femmina? Avete pensato al nome? La sensazione sará come per il primo? Assistirai al parto?) e mi ha regalato la prima vera percezione di mio figlio/a.
In quelle parole c’è la consapevolezza piú profonda di un legame indissolubile, di una vita tutta.
Enorme, unica, importante benchè fatale, intera benchè conclusa in meno di 23 settimane.
Non sapendolo C. ha collegato con un filo sottilissimo e indistruttibile la parte piú interna e corazzata del mio apparato cardiaco mortale, con quel tu-tum tu-tum tu-tum, che ho ascoltato qualche giorno fa.
Me e il mio nuovo figlio/a.
Un filo banalmente bellissimo.
E la spropositata consapevolezza che, indipendentemente da qualsiasi “secchiello di plastica”, quello che tra noi due c’è e ci sará, va oltre il concetto di maschio, di femmina, di secondo, di emozione, di parto, di distanza, di analisi, di tutina, di gioco, di occhi, di somiglianza, di dolore, di epidurale, di latte artificiale, di sonno, di pianto, di espressioni, di carattere, di notti bianche, di gelosie, di svezzamento, di legamento, di lagne, di parentele, di fiocchi, di registrazioni, di singhiozzi, di pianti e di speranze.
Va oltre il concetto di tempo.
Quel filo lunghissimo è il significato stesso della parola “padre”
Mi metto seduto e prima di vedere la posta o che so io il sito della gazzeta, lo apro e lo tengo la.
Lo metto in icona, magari faccio altro ma so che sta lì.
A volte lo leggo.
Spesso lo leggo in maniera confusa: a volte solo una parte, a volte in maniera disordinata (prima la fine, poi l’inizio, poi la metá...).
Perchè?
Potrei parlare delle vacanze che si avvicinano, del senso di liberazione che mi danno i miei primi bagni nella piscina condominiale del nuovo appartamento, delle soddisfazioni che mi dá Marcello sempre piú dolce, sempre piú felice, sempre piú legato al papá; perchè invece parlo di uno dei racconti piú strazianti che abbia mai avuto modo di leggere?
Cos’è morbositá? Che strano principio psicologico sta alla base di questo fortissimo legame con questo racconto?
Sto scrivendo per capire.
Del mio secondogenito conosco solo il battito?
Solo???
E’ incredibile ricordare la impressione che possa fare ascoltare il battito cardiaco di un uomo/donna di due millimetri.
Si, si certo... poi c’è il parcheggio da pagare, la benzina da fare, tu prepari la cena, io cambio il bambino... ma quel battito resta lì, nel retrocranio della tua testa, senza che tu possa dedicare tempo e qualitá per coccolarlo.
Coccolarne l’idea.
Affrontare e stringere tra le mani il ricordo (come sabbia) che nelle interiora di tua moglie sta accoccolato qualcuno.
Si, ma perchè allora apro e tengo conservato con me, gelosamente, il racconto che questa nostra amica ha voluto rendere pubblico? Perchè non buttarsi nella felicitá delle pianificazioni, nella gioia dei primi sguardi, nel rapimento dell’immaginario primo cenno complice tra lui/lei ed il fratello e invece sprofondare, leggere, rileggere e leggere ancora la storia di una tragedia?
Io vorrei ringraziare C. che non leggerá mai queste due righe (ma lo faccio dentro di me come facevo quando da piccolo pregavo di nascosto, interiorizzando nel profondo il valore della parola riconoscenza) perchè nel vomitare fuori la sua disperazione tutta intera, ha spazzato via in un colpo solo una parte della sua vita e tutte le milioni di superficiali frasi di circostanza che un momento come il mio portano con se (vorresti maschio o femmina? Avete pensato al nome? La sensazione sará come per il primo? Assistirai al parto?) e mi ha regalato la prima vera percezione di mio figlio/a.
In quelle parole c’è la consapevolezza piú profonda di un legame indissolubile, di una vita tutta.
Enorme, unica, importante benchè fatale, intera benchè conclusa in meno di 23 settimane.
Non sapendolo C. ha collegato con un filo sottilissimo e indistruttibile la parte piú interna e corazzata del mio apparato cardiaco mortale, con quel tu-tum tu-tum tu-tum, che ho ascoltato qualche giorno fa.
Me e il mio nuovo figlio/a.
Un filo banalmente bellissimo.
E la spropositata consapevolezza che, indipendentemente da qualsiasi “secchiello di plastica”, quello che tra noi due c’è e ci sará, va oltre il concetto di maschio, di femmina, di secondo, di emozione, di parto, di distanza, di analisi, di tutina, di gioco, di occhi, di somiglianza, di dolore, di epidurale, di latte artificiale, di sonno, di pianto, di espressioni, di carattere, di notti bianche, di gelosie, di svezzamento, di legamento, di lagne, di parentele, di fiocchi, di registrazioni, di singhiozzi, di pianti e di speranze.
Va oltre il concetto di tempo.
Quel filo lunghissimo è il significato stesso della parola “padre”
Commenti
Il fatto è che a volte hai l'impressione che la vita ti stia passando davanti come un film di cui non hai neanche il tasto "stop" e l'estremamente ingiusto rischia di essere l'unico modo con cui pesare quello che davvero ti appartiene a fondo.
Che è tantissimo!!!
Spero proprio che tra una settimana, potró mettere in stand by il lettore DVD... altro che stop...