Uno - pensieri sul nuovo album dei Marlene

Dopo avere dissertato di gossip riguardo ai Marlene Kuntz, per farmi perdonare, ho acquistato il nuovo album (e sottolineo acquistato, non ho pensato nemmeno un attimo di scaricarlo, gesto per me che attesta una stima musicale abnorme) che ho provato ad ascoltare BENE durante il week end.
Devo scindere il mio giudizio in due parti.
Partiamo dalla fine: Uno, il singolo di chiusura dell’album.
I Marlene chiudono quasi sempre i loro album con pezzi memorabili e intensi.
“Uno” è un pezzo del tutto avulso dal resto del disco perché si scopre subito.
E’ un pezzo puttana, uno specchietto per le allodole, in stile vecchi CSI, di una banalità sconcertante, e per questo meraviglioso.
La vita ha bisogno anche di semplicità, di qualcosa di orecchiabile da canticchiare e tenere in testa e quando ascolto questo pezzo, con il cui ritornello in testa mi addormento ormai da due sere, semplicemente, senza sovrastrutture, senza pregiudizi, in maniera incondizionata e morbida, allargo le braccia e mi prendo questo enorme, sconsiderato e del tutto ordinario calore con profonda commozione.
A volte per riaccendere i canali dell’anima, basta un riff cretino.
Ma questo pezzo è così orecchiabile che mi stancherà tra due giorni.
Il resto del disco invece è più complesso, sfuggente.
Non riesco a dare un giudizio forte.
E’ un disco omogeneo innanzitutto, a parte forse 1 traccia non ci sono pezzi riempitivi.
Come un vino che non decanta facile, non mi si è svelato appieno.
E questo può essere un enorme pregio.
Significa che merita diversi ascolti, significa che non stancherà subito come altri album.
Riesco solo a dire che non è un album memorabile, ma neanche mediocre, non è un album di passaggio, ma neanche una tappa fondamentale nell’evoluzione del gruppo di Cuneo.
Ma allora che cazzo è questo nuovo album dei Marlene?
Qualcosa di buono forse, da ascoltare senza pregiudizi, lasciandogli il tempo di sciogliersi in bocca.
Perché in ogni caso di essere stappato, merita.
Devo scindere il mio giudizio in due parti.
Partiamo dalla fine: Uno, il singolo di chiusura dell’album.
I Marlene chiudono quasi sempre i loro album con pezzi memorabili e intensi.
“Uno” è un pezzo del tutto avulso dal resto del disco perché si scopre subito.
E’ un pezzo puttana, uno specchietto per le allodole, in stile vecchi CSI, di una banalità sconcertante, e per questo meraviglioso.
La vita ha bisogno anche di semplicità, di qualcosa di orecchiabile da canticchiare e tenere in testa e quando ascolto questo pezzo, con il cui ritornello in testa mi addormento ormai da due sere, semplicemente, senza sovrastrutture, senza pregiudizi, in maniera incondizionata e morbida, allargo le braccia e mi prendo questo enorme, sconsiderato e del tutto ordinario calore con profonda commozione.
A volte per riaccendere i canali dell’anima, basta un riff cretino.
Ma questo pezzo è così orecchiabile che mi stancherà tra due giorni.
Il resto del disco invece è più complesso, sfuggente.
Non riesco a dare un giudizio forte.
E’ un disco omogeneo innanzitutto, a parte forse 1 traccia non ci sono pezzi riempitivi.
Come un vino che non decanta facile, non mi si è svelato appieno.
E questo può essere un enorme pregio.
Significa che merita diversi ascolti, significa che non stancherà subito come altri album.
Riesco solo a dire che non è un album memorabile, ma neanche mediocre, non è un album di passaggio, ma neanche una tappa fondamentale nell’evoluzione del gruppo di Cuneo.
Ma allora che cazzo è questo nuovo album dei Marlene?
Qualcosa di buono forse, da ascoltare senza pregiudizi, lasciandogli il tempo di sciogliersi in bocca.
Perché in ogni caso di essere stappato, merita.
Commenti
In alcuni pezzi delle canzoni non mi stupirei di sentir cantare Ferretti.
A partire da Musa.
Pezzo bellissimo per me.
Non è il loro miglior album, ma è bello, semplicemente.
E poi capire le parole è stupendo.
In realtà, il disco è molto interessante, anche se questa volta, soprattutto nei testi, i Marlene mi sembrano meno incisivi del solito.
In questi giorni, prima di acquistare il CD, ho letto anche una recensione sostanzialmente negativa sul disco, che ne esaltava in senso negativo appunto i toni "morbidi", molto meno graffianti che in passato. L'ascolto del disco non ha prodotto in me queste considerazioni: in primo luogo perché ormai da tempo ho capito che non è pensabile che un gruppo a 10 anni dall'esordio sia sempre uguale a sé stesso; in secondo luogo (e strettamente legato al primo) perché i toni più morbidi (eccellenti nel precedente live S-Low) probabilmente corrispondono maggiormente a cosa sono i Marlene, e a cosa siamo noi, oggi.
Volendo riprendere la felice metafora del vino che tu hai usato sul blog, dopo 10 anni il vino può diventare solo due cose: un nobile, intenso e profumato, colorato nei sapori e sempre più ricco di sfumature a ogni sorso (ascolto), oppure un ignobile aceto.
Tentare di proporre una nuova "Lieve" sarebbe stato come far bere una gozzata di aceto all'ascoltatore; sono invece convinto che i ripetuti ascolti del CD ci riveleranno nuove sfumature, anche nella semplicità di alcuni testi o di alcune scelte musicali, perché in fondo, noi (ascoltatori verso i 40) e loro (musicisti sui 40) abbiamo finalmente capito che la semplicità non è un peccato.
è quello che volevo dire: la profondità della semplicità.