Il capitalismo visto da dentro

Mi alzo ogni mattina alle sette.
Entro in un edificio mastodontico, volutamente mantenuto di architettura fascista.
Monumento invalidante per chiunque ne venga inghiottito: sembra confessarti la tua inutilità fisica, sottendendo quella intellettuale.
Entro in ufficio e tutto sommato mi diverto: riesco a portare avanti progetti, ho responsabilità e possibilità di realizzazioni, un bel gruppo di persone con cui condividere i cazzi che girano, un capo giusto.
E però.
E però faccio parte di questo sistema.
Il sistema capitalistico.
In molti paragonano questo sistema, che sottende alla vita di noi tutti, metro di giudizio del fallimento o del successo di pressoché tutte le vite, ad un treno.
Un treno sparato a tutta velocità, verso nessun luogo, in cui tutte le componenti del treno stesso, si adoperano per andare sempre più veloce, sempre più veloce, sempre più veloce.
Lo scopo del sistema capitalistico è l’arricchimento incrementale continuo, per creare benefici alla propria famiglia, alla propria azienda, alla propria città, al proprio paese.
Non voglio, ne posso entrare in teorie macroeconomiche che non saprei interpretare, posso però descrivere cos’è il sistema capitalistico dall’osservatorio privilegiato in cui mi trovo.
Molto, molto dentro gli ingranaggi.
Il sistema capitalistico per me è una donna, una donna che lavora a qualche porta di distanza dalla mia, che non ha vita sociale, esce di qua alle 11 di sera e combatte giorno per giorno per riuscire a strappare numeri di un certo tipo ad altre persone che fornirebbero numeri di altro tipo.
In lei vivo la trasfigurazione del sistema capitalistico in persona.
Questa persona ha una frusta in mano e sprona, batte, sferza, colpisce, insulta, fomenta persone come cavalli a fare di più, di più, di più… sempre di più.
Persone che dall’altra parte non hanno più una vita, non hanno più relazioni, si dimenticano di essere mariti, mogli, genitori, sono in ufficio i sabato, le domeniche, i natali.
Sono solo cavalli.
Cavalli da soma, cavalli da corsa, cavalli da galoppo, cavalli da concorso di equitazione.
Ma tutti cavalli di questo treno furioso.
Migliori dell’1%, devi migliorare del 5%.
Migliori del 5%, devi crescere del 10%.
Migliori del 10% devi raddoppiare le vendite cazzo!
Sei andato sotto? Sei meno di niente… vali quanto una loffa… migliora almeno dell’1%.
E così via…
Io sono tra i pochi che ha la fortuna di essere solo sfiorato di striscio da questo sistema, che tutto ingoia e tutto rigurgita, ma nei momenti di sconforto mi chiedo: è realmente impossibile saltare giù?
Costruire un’altra società?
Più completa, più profonda, differente, alternativa?
E’ possibile per me saltare giù senza perdere tutto e ritrovarmi in mezzo alla strada?
Se anche mi aprissi un bar chessoio in una località sperduta e meravigliosa del Messico, non dovrei poi cercare di vendere due coca cola in più del giorno prima per sopravvivere?
Potrei fare il cooperante in Africa senza affamare il mio di figlio?
Uscite per un attimo fuori da tutto questo.
Noi viviamo dentro un ricatto.
Un labirinto da cui non si può uscire senza rischiare la morte (e in paesi senza reti sociali, come l’America, la morte non è un iperbole).
Conosco persone che si stanno abbrutendo per questo.
Ci abbrutiamo noi, abitanti dell’emisfero occidentale del mondo, i fortunati, quella piccola percentuale del pianeta che non soffre problemi di fame, carestie e pestilenze.
Ma allora a chi giova questo sistema?
Vuoi vedere che è tutto un ricatto dei paesi in via di sviluppo contro noi poveri bianchi occidentali?
Le persone passano, i ghiacciai mutano, il treno continua a correre sempre più forte.
Così forte che siamo diventati del tutto incapaci di guardare fuori dal finestrino.
Di renderci conto che il treno al suo passaggio, sta inghiottendo tutto dietro di se.
Commenti
Il dramma invece è proprio in questo equivoco: che non esiste un bravo professionista se a monte non c'è un "individuo" in senso proprio, qualcuno che mette in gioco sé stesso e la propria umanità anche nelle relazioni lavorative.
Se l'una cosa è presente mancando l'altra, non c'è un bravo professionista, ma solo uno schiavo che si illude di essere artefice di un destino che invece è scritto da altri.
E questa illusione è purtroppo quella in cui vivono la maggior parte di coloro che varcano tutti i giorni la soglia del tuo ufficio, come del mio.
Ciao, Cumpà
Poggi
Il guaio è che a quel punto è da buttare come professionista e come uomo...
Quando scriviamo un altro libro insieme?
Abbiamo molti argomenti da trattare!