"Se tu sapessi, che pena..."

Ho sempre sostenuto che sarei in grado di dimostrare scientificamente che Milano è la città a più alta densità di facce da cazzo sul pianeta.
In un solo metro quadrato di uno qualsiasi dei locali strettissimi di Corso Como, si raggiunge di sovente il massimo tetto planetario con una percentuale che a mio modesto avviso sfiora il 99,9%.
Un record che ritengo non abbia finora goduto del rilievo mass-mediatico che meriterebbe.
Purtroppo però, pur essendo migrato per lidi più “modesti”, Milano resta sempre il centro dell’apparenza ed il mio lavoro, essendo fatto soprattutto di bollicine, mi spinge sovente a feste, cocktail e presenze mondane del tutto inutili.
In queste apparizioni l’importante è esserci.
Non importa quale sia il tuo ruolo, il contenuto di quello che fai, se lo fai bene o male, nel contesto del mio ruolo sei valutato anche in relazione alla tua capacità di essere gossip ed essere assente, sempre e comunque alla fine può mettere una pietra tombale sulle tue seppur minime aspirazioni professionali e di carriera.
Così ieri pomeriggio ho riposto pantofole, vestaglia, telecomando sky per una spettacolare giornata infrasettimanale di campionato, mia moglie e mio figlio di un mese ed ho affrontato quintali di pioggia e orde marcianti di auto immerse nel traffico cittadino per arrivare stanco e spettinato in uno dei tanti locali di Corso Como.
Lì è successo qualcosa che mi ha turbato profondamente.
La serata era di gala ed erano presenti diversi direttori di magazine importanti, qualche soubrette, gente della moda. (tutte persone di cui nutro una notevole stima professionale, il problema di questi posti non è chi lavora nell’ambito dello spettacolo, ma il complesso di nani e ballerini del tutto inutili che un evento come questo si porta sempre appresso).
Damerini vestiti in stile Dolce e Gabbana giravano tra la gente offrendo cocktail, in un ambiente sempre più angusto e per questo enormemente più chic; diversi cameraman e fotografi andavano in cerca di celebrità e starlette da immortalare; qualche curioso si affacciava da dietro la vetrina, con la borsa della spesa “esselunga” in mano, curiosando noi come si fa con i pesci di un acquario.
In mezzo a tutta questa “bella gente” ad un certo punto è apparso Cristiano Godano.
Diafano come lo vedi in TV, vestito come mi vesto io quando non devo rispondere della mia posizione professionale, una felpa che pende distrattamente da una tasca, mi appariva come un marziano sbarcato in un Mac Donald di Philadelphia.
Sono rimasto di sasso.
In realtà il marziano ero io che ero rimasto di sasso.
Godano non sembrava minimamente in imbarazzo, dava dimostrazione di conoscere gran parte di quella bella gente e si faceva fotografare pure lui, tranquillo e sereno.
Mi sono sentito un coglione per essere rimasto stupito e mi sono detto “che male c’è”…
Che male c’è?
Non lo so.
Considero Cristiano Godano, non un mio idolo, ma di sicuro il più fervido e illuminato paroliere della musica rock italiana degli ultimi vent’anni.
Un artista dalla profondità ed intensità di certo superiore anche a quella del (da me) tanto amato Manuel Agnelli.
Ho visto i Marlene al teatro occupato di Bologna, ormai più di dieci anni fa, quando esistevano i centri sociali ed erano posti per fare libera musica.
Li ho rivisti in palazzetti e stadi e mi hanno sempre riempito il cuore.
Il contenitore di CD che riserviamo alla musica rock italiana, accanto al televisore, è pieno degli stessi album, oggi doppioni, che io e Simona abbiamo comprato quando le nostre strade non si erano ancora incrociate.
Ho visto un’intervista dello stesso Godano, in cui rivendica, a ragione, l’indipendenza politica e di pensiero di un cantante, che non per il fatto di essere cantante deve dare conto delle proprie idee o seguire delle posizioni politiche precostituite o deve per questo essere un riferimento ideologico.
Ho passato diverse ore con Vinicio e so perfettamente come dall’artista privato, non ci si debba aspettare lo stesso livello di “moralità” dell’artista su traccia.
Per questi motivi e per quella che è stata la mia storia personale nutro un rispetto profondo per qualsiasi scelta personale di questo personaggio, comunque, pubblico.
E allora perché non riesco a togliermi questa venatura di amarezza dalle papille gustative della mia mente?
Il fatto è che a Milano ti sembra di vivere nell’Isola dei Famosi.
La sensazione che ho avuto nei miei anni milanesi e che ho superato a fatica provando a scrivere quel libro, di essere comparsa tra mille vite vuote che cercano la telecamera ad ogni giro del viso, non è mai passata.
Così vedere un uomo dalle capacità intellettuali di quello spessore, conversare amabilmente con un figlio di papà ricciolino dall’alto colletto di camicia inamidato bianco, mi ha lasciato del tutto sconcertato.
Questo probabilmente non dimostra l’incoerenza di Godano, ma forse un certo mio gretto moralismo di provincia, oltre ad una non indifferente dose di ingenuità.
Chissà perché credo ancora di dover essere una persona che nutre un’intima coerenza tra quello che dice e quello che è (e Dio solo sa che fatica faccio…)
Chissà perché devo ancora giustificarmi o crearmi dei problemi se quello che io faccio possa avere un impatto negativo sulle vite delle altre persone.
Chissà perché devo avere e pretendere dagli altri valori e ideali cui conformarsi ed aspirare…
La vita è fatta di contesti che cambiano, restare chiusi in schemi precostituiti è un limite.
…
Forse.
Vado via prima degli altri.
Quando hai avuto una pesante sbornia con un vino, di quel vino non riesci più a bere che piccolissime dosi.
E Milano è un vino decisamente corposo.
Mi rimetto in macchina e sono ancora in tempo per ascoltare il secondo tempo di tutto il calcio minuto per minuto, contento di non dovermi chiedere se dietro la voce di Riccardo Cucchi ci sia la storia di un pederasta o di un santo.
La Roma si fa raggiungere allo scadere.
Mio figlio sta poppando dalla madre.
Commenti
Spesso una buona capacità dell'uomo è quella di sapersi adattare.
Ma poi, perchè lui era lì?
Leggendo avevo paura che fosse lì per cantare.
punturo tu li ricordi gli alison run ?
infatti come ho scritto ero io ad essere a disagio, non c'è in me alcun giudizio di valore.
Giuro.
Solo domande aperte.
Credo che lui fosse li perchè amico dello stilista o della gente che lavora con quello stilista li, che oltrettutto è una gran bella persona, per niente milanese e molto originale.
Era il contorno che stonava
bj: no, chi sono gli alison run?
Anche se la loro arte non si discute.
e a me serve solo quella!
salute
dinero
y
amor
credo di averla cercata in lungo ed in largo, prima chiamando la TBWA e poi facendo ricerche su internet.. ma non ho mai trovato un indirizzo mail o un recapito telefonico.
Mi scuso sin da ora per l'invadenza, questo è uno spazio personale e la mia è una intrusione, non la prenda male.
Spero si ricordi di me, mi chiamo Claudio Grandi, sono quello studente di Bari che aiutò a realizzare la sua tesi di laurea su Beckam e sull'Adidas (ormai 3 anni fa!).
Da maggio mi sono trasferito a Milano, frequento un master al Sole 24 Ore in marketing, comunicazione e nuove tecnologie, e col tempo è cresciuta la passione per il suo lavoro. Avrei voluto contattarla per sapere se esiste la possibilità di lavorare con lei, ed il suo blog è l'unico strumento che ho trovato.
Pensa sia possibile metterci in contatto? Le lascio il mio indirizzo e-mail, se vuole mi faccia sapere:
grandiclaudio@hotmail.com
Grazie e scusi di nuovo!
Fantastico Godano alla festa dei fighetti, ma ancora più inimmaginabile è punturo, consorte e figlio alla festa di fighetti.
Ormai sono abituato a cadute di stile o come forse hai definito meglio, quella strana "venatura di amarezza" che ti lasciano realtà simili.
L'importante è sapere che tu provi a restare uguale. La curiosità è sapere come e se ci riesci.
sennò non sapremmo a cosa aggrapparci
puntù, ma che lavoravi alla TBWA?
io ti dovevo conoscere prima :)