Provando a togliermi il gesso di dosso

Tendini che si allungano oltre ogni comprensibile limite, limiti che si superano ogni minuto un centimetro più in là, stridore di muscoli stagliati in pose plastiche improbabili, acido lattico che inonda i quadricipiti, sudori di donna, di uomo, di piede, di mani, odori.
Teste che invadono ventri, gambe che disegnano origami, gioco di pelle, muscoli e sguardi che riempiono il corpo di vita altrui.
Corpi che si sfregano, si annusano, si danno.
E i miei limiti.
I miei fottutissimi limiti.
Scegliere di aspettare 35 anni per dedicarsi ad un seminario di teatro/danza (meraviglioso!!!) di 3 giorni, è come buttarsi dal paracadute a 90 anni.
Provare a far danzare questo tronco di 75 chili assieme a ragazzotti di mediamente 25 anni e almeno 15 chili più snelli di me, è come decidere di gettarsi nel vuoto in vecchiaia quanto non hai più niente da perdere.
Se non la dentiera.
Ho scoperto di essere ingessato.
Ho capito quanto la scoliosi che porto sulle spalle mi abbia condizionato nel tenere rigida la colonna vertebrale e volutamente contenuti i miei gesti.
E poi, dopo tanto tempo, mi sono risentito l’ultimo della classe, incapace di potermi risollevare con la parola, la recitazione, il canto, perché l’unico attore protagonista era il corpo.
E il mio corpo ha troppe sovrastrutture.
Non è capace di stare nudo, perché nudo si sente un po’ sgorbio.
Certe volte sentivo proprio un blocco all’altezza del petto.
Lavoro durissimo.
Ma devo dire che dà una certa soddisfazione affrontare i propri limiti, guardarli in faccia e provare a imbastire un braccio di ferro consapevole.
Meraviglioso non sentirsi patetici, profondo il sentimento di sfida e romantica la disperazione per non riuscire a volte a superare dei blocchi.
Non chiamatelo masochismo, quello su se stessi è la più grande forma di esplorazione che possiamo intraprendere in questo passaggio terreno.

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